"L'ultimo pezzo del puzzle sei tu..."

venerdì 11 marzo 2011

Studio su Kierkegaard - La figura del Seduttore-

Il “Diario del seduttore” e “Don Giovanni” sono fra gli scritti di Kierkegaard più rappresentativi dello stadio estetico. Questo è la forma di vita di chi  esiste nell’attimo, nella quale l’uomo “è immediatamente ciò che è”, ossia il comportamento di chi, rifiutando ogni vincolo o impegno continuato, cerca l’attimo fuggente della propria realizzazione, all’insegna della novità e dell’avventura. Nella vita estetica si esclude la ripetizione, che implica sempre monotonia e toglie l’interessante alle vicende più promettenti. Questo stadio fallisce a causa della noia, poiché l’esteta, vivendo attimo per attimo non si è impegnato nemmeno nelle scelte di vita, e quindi la sua esistenza si rivela vuota. Poiché esso rifiuta ogni vincolo, il seduttore non si lega a nessuna donna particolare perché vuole non poter scegliere. Come osserva Remo Cantoni, studioso del filosofo, “ Kierkegaard ha dichiarato che le sue opere estetiche non sono che una maschera, una scenografia letteraria che fa da sfondo a quella che è la sua vocazione dominante e unica di scrittore religioso.” La sua filosofia, infatti, illustra diverse possibilità di vita: i primi due momenti, lo stadio estetico e lo stadio etico, sono superati, sotto la spinta della noia, per arrivare allo stadio assoluto: lo stadio religioso. Nell’estetica di Kierkegaard  non incontriamo teorie sul bello o sull’arte, ma bensì delle figure d’esteti i quali vogliono trarre dalla vita il massimo piacere, cercando di fare della loro esistenza un’autentica opera d’arte. Nei capolavori kierkegardiaani non tutti gli amanti sono uguali e gli strumenti  della seduzione sono molto diversi tra loro, anche se il fine ultimo dell’amore estetico è sempre il piacere. Nel “Don Giovanni” e nel “Diario di un seduttore” bisogna distinguere due diverse figure di seduzione: la seduzione sensuale, quella tipica della musica mozartiana e che quindi riscontreremo nel Don Giovanni, e la seduzione intellettuale, con tutte le sue subdole tecniche, è il nucleo centrale del Diario del seduttore. Il seduttore sensuale è presentato da Kierkegaard come chi non ha bisogno d'alcun preparativo, d'alcun progetto, d'alcun tempo. Egli, infatti, seduce con l'immediatezza del proprio desiderare, quindi vedere, desiderare e amare per lui non sono tre momenti distinti in successione logica e temporale, bensì le tre facce d'uno stesso atto (la seduzione) compiuto immediatamente. In Don Giovanni l’amore non è suscitato dalla bellezza. Don Giovanni le conquista tutte, belle e brutte, giovani e vecchie, purché “portino la gonnella”, anche solo “per il piacere di porle in lista”. La conquista di questo seduttore è quindi indifferenziata, senza progresso, senza sviluppo, senza ascesa, senza nemmeno assimilazione, ma puramente numerica. L’amore sensuale di per se non può essere fedele, non ama una ma tutte; è una forma di seduzione quantitativa ed estensiva. Don Giovanni si realizza nell’immediatezza del desiderio, che diventa in lui una potenza demoniaca che non si stanca mai di sedurre. Esso vive solo nel godimento momentaneo e passeggero, che subito si consuma. Per questo è costretto alla ripetizione, così che l’azione seduttiva non è altro che un catalogo di momenti ripetuti. Dobbiamo quindi considerare il nostro seduttore non come un individuo ma come una potenza, una forza. A causa di questa sua natura esso non può arrivare a possedere se stesso come coscienza, così come non può raggiungere la pienezza di un appagamento, perché il suo desiderio vive soltanto del proprio incessante soddisfarsi e rinnovarsi a ogni istante. Più che il raggiungimento della realtà è il compimento del desiderio, è l’infinito ripetersi delle possibilità del piacere ad attirarlo. È questa la vera tentazione dell’estetico, nel quale la possibilità è più intensa della realtà. L’amore di Don Giovanni non ha nessuna pienezza, tutto viene sfogato nel fuggevole momento del consumo del piacere. Il seduttore continuamente esaurisce e ricomincia avventure e inseguimenti, nella falsa novità della ripetizione, che non è in grado di realizzare il desiderio. Tutta la sua attenzione si concentra un momento dopo l’altro e percorre in ogni momento l’avventura che corrisponde a quel preciso momento, per poi rivolgersi verso il nuovo oggetto che gli si offre l’attimo dopo. Perciò Don Giovanni si realizzerà mai e non realizzerà mai le infinite possibilità di piacere. Per il seduttore sensuale il piacere culmina nel possesso; ma il seduttore intellettuale (o psicologico) è una figura più complessa. Questo personaggio è l’uomo che vuole vivere poeticamente, dotato di una raffinata sensibilità che gli permette di cogliere sempre il lato interessante della vita. Esso può essere definito un homo ludens, il quale vive di calcoli raffinati e decadenti, che distilla e concentra il piacere, riducendo la donna amante a vittima e strumento. Ella paga di persona offrendo amore e passione, mentre il suo ambiguo seduttore, già nei piani tattici e strategici dell’assalto, medita e tiene pronte le vie della ritirata. Nel “Diario del seduttore” abbiamo proprio la storia di un seduttore diabolicamente scaltro (Giovanni) che, usando ogni arte in sua conoscenza, porta allo smarrimento e al disordine un’innocente fanciulla diciassettenne. È interessante nella storia riuscire a comprendere la personalità di questo seduttore. Al contrario del Don Giovanni mozartiano, che è sempre attivo e a caccia di qualche gonnella, il romantico seduttore del Diario è sempre a caccia d’esperimenti psicologici. La realtà viene da lui inseguita e desiderata, ma nello stesso tempo, superata, distaccata, vissuta nei filtri del ricordo e dell’immaginazione. Esso soffre di una exacerbatio cerebri perciò la realtà per lui non contiene abbastanza eccitamenti o li contiene solamente per alcuni attimi. Non appena questi attimi eccitanti passano, l’esteta si affloscia e disarma. Questo personaggio non può essere considerato un banale seduttore nel senso comune della parola. Quello che per lui è importante non è tanto il possedere la donna, quanto goderne esteticamente il cedimento e l’abbandono. Per questo genere di seduttore la donna è l’oggetto di una strategia erotica studiata e prevista nei minimi dettagli. L’arte della seduzione consiste nell’incantarla con le doti dello spirito, con il magistero della parola, portandola a quel punto di turbamento in cui essa smarrisce il proprio equilibrio ed è pronta a qualsiasi sacrificio.

“Giovanni,
non ti chiamo mio, intendo bene che tu mai lo sei stato, e se una volta illusi l’anima mia con un simile pensiero ora crudelmente sono punita. Eppure ti chiamo mio: mio seduttore, mio impostore, mio nemico, mio assassino, fonte della mia sventura, tomba della mia letizia, baratro della mia felicità. Io ti chiamo mio e mi dico tua, e se queste parole lusingarono una volta il tuo orgoglio prostrato nella mia adorazione, suonino oggi come una maledizione contro di te, una maledizione per tutta l’eternità. Non compiacerti al pensiero che sia mia intenzione d’inseguirti o di armare la mia mano di un pugnale, per meritare così il tuo scherno! Ovunque tu fuggirai io rimarrò sempre tua. Ritirati agli estremi confini del mondo, io rimarrò sempre tua. Ama cento altre donne, io rimarrò sempre tua, sì, nell’ora della morte sarò ancora tua. Le parole stesse che adopero contro di te, ti provino che io sono tua. Tu hai ardito ingannare una creatura fino al punto di divenire tutto per essa, fino al punto che non avrei desiderato altra gioia che d’essere tua schiava. Io sono tua, tua, tua: la tua maledizione.
                                                                                                                 Tua Cordelia”

L’amante gode dell’incanto che nasce da questa passione, ma per conto suo non si abbandona mai. In questo giocare e speculare sulla passione della donna, variando la propria tattica erotica, alternando slanci di passione a freddezze, si rivela un egoismo raffinato che vuol trarre per sé il massimo piacere con il minimo sacrificio. Il seduttore psicologico, secondo Kierkegaard, mette in campo un’arma fatale che nega l’essenza stessa della donna: l’arma dello spirito. Esistono anche altri mezzi per conquistare una donna, come la bellezza e la simpatia. Ma secondo il filosofo in questo caso la vittoria non è mai completa perché si combatte la donna nel suo campo e con le sue stesse armi “e allora lei sarà sempre la più forte”. Invece lo spirito, in questa costruzione kierkegaardiana carica di spunti sottilmente antifemministici, sconvolge l’universo femminile.

2 commenti:

  1. Sebbene abbia odiato la filosofia al liceo, devo dire che Kierkegaard(che ho sentito pronunciare in tutti i modi possibili)è stato uno dei pochi filosofi che mi sono piaciuti. Poi, come si fa a non amare un filosofo che, invece di parlare di cose astruse, cita un'opera di Mozart? Geniale.

    RispondiElimina